\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 LÆarte di Leonardo da Vinci si manifesta sin dai suoi inizi come cosciente rielaborazione della tradizione quattrocentesca e ins
ieme opposizione a essa, in uno sforzo che a prima vista sembrerebbe quello di infondere vita alle immagini, immettere aria nelle rappresentazioni, ma che, a un esame pi∙ approfondito, si dimostra come quello di rendere nellÆarte lo spirito cosmico dellÆ
universo, anzi di ritrovare per essa le ôregoleö della multiforme natura, in una continua tensione che mira a provare quale sia la ôpotenzaö dellÆarte. Per Leonardo si tratta di ôcomprendere ogni forma secondo lÆapparenza e la sua causa internaö: donde l
a straordinaria novitα grafica delle sue ricerche scientifiche, lÆinteresse per il fenomeno naturale o per i moti dellÆanimo. Nella raccolta postuma di appunti di Leonardo che va sotto il nome di \i Trattato della pittura\i0 e in altri scritti si ritrov
ano efficaci testimonianze del suo pensiero estetico. Sostenne la superioritα della pittura sulla scultura appunto in nome delle straordinarie possibilitα evocatrici, simili a quelle della poesia, che egli riconosceva alla prima. Eccezionale per il suo t
empo Φ il peso che nel \i corpus\i0 complessivo delle opere hanno i disegni, intesi non pi∙, come voleva la tradizione, come opere in sΘ, apprezzabili per lÆeleganza del delineare, ma come tracce di idee e di problemi inseguiti in maniera persino ossess
iva, e quindi pieni di pentimenti, seppure, molte volte, carichi di una capacitα espressiva prima intentata. Prevalente, nel gruppo non grande di dipinti sicuramente suoi pervenutici, il numero delle opere non finite; fosse, talora, lÆansia della ricerca
che lo induceva a interrompere il lavoro per lÆinsorgere di nuovi problemi; fosse, talaltra, la convinzione di aver raggiunto appieno il risultato estetico propostosi allo stadio cui lÆopera era stata condotta; fosse, ancora, lÆinsofferenza per la mera
esecuzione. Giα nel 1473, a \b \cf4 \ATXht12311 Firenze\b0 \cf0 \ATXht0 , disegna a penna il paesaggio ora agli Uffizi, immettendo nello schema fiorentino fiammingheggiante lÆesperienza di una visione diretta. Si hanno ancora prove della sua collaborazio
ne con Verrocchio nella pittura del \i Battesimo\i0 agli Uffizi: nellÆangelo a sinistra in primo piano e nel brano di paesaggio dietro di lui, ove il senso di vita Φ pi∙ alto e il chiaroscuro Φ vibrante per riflessi luminosi. Opere pittoriche di questo
primo periodo sono: il ritratto muliebre giα nella galleria Liechtenstein, ora a Washington, National Gallery (la cosiddetta \i Ginevra Benci\i0 ); lÆ\i Annunciazione\i0 agli Uffizi e lÆaltra pi∙ piccola al Louvre; la \i Madonna del Garofano\i0 a Monac
o di Baviera: opere che giα furono attribuite a Verrocchio stesso o a Lorenzo di Credi. Ma vi si avverte la prima applicazione dello ôsfumatoö che disperde la linea, e ottiene con lo sgranare dei contorni lÆatmosfera. Nel 1478 Leonardo, in piena libertα
artistica, dipinge la \i Madonna del Fiore\i0 , ora allÆErmitage di San Pietroburgo, che alle reminiscenze verrocchiesche unisce lÆapplicazione piena dello sfumato e una nuova intensitα dÆosservazione psicologica. Forse contemporaneamente Leonardo disegn
≥ la \i Madonna del Gatto\i0 (Uffizi), tanta Φ la correlazione compositiva di essa con la \i Madonna del Fiore\i0 . Al 1481 risale lÆ\i Adorazione dei Magi\i0 commessa dai frati del convento di S. Donato a Scopeto (ora agli Uffizi), rimasta incompiuta
per la partenza di Leonardo per Milano, opera profondamente nuova per lÆesaltazione messianica che ne agita i particolari e che ne anima la composizione, quasi a vortice, spalancata su infinite lontananze. Le figure si piegano, si attorcono variando con
il variare delle luci, accomunate in unÆunitα compositiva superiore, ma nello stesso tempo acutamente differenziata nelle varie espressioni dellÆanimo. Nel 1483 a Milano fu allogata dagli scolari della Concezione a Leonardo e ai fratelli Ambrogio ed Evan
gelista de Predis la tavola della \i Vergine delle Rocce\i0 . Secondo uno schema piramidale, la Vergine con Ges∙, il Battista e un angelo si dispongono entro una grotta, fantastico scenario dÆombre, aperta da squarci verso la luce lontana del tramonto. I
contorni dei lineamenti si smarriscono, sfumano; il rilievo velato sboccia dove la luce sfiora le cose, svanisce dove lÆombra le inghiotte; la gamma dei colori va sempre pi∙ limitandosi a poche tinte. Di questa tavola si posseggono due redazioni: una al
Louvre di Parigi, che Φ la tavola eseguita da Leonardo per la confraternita, che Ludovico il Moro volle per sΘ e che pass≥ a Luigi XII; lÆaltra alla National Gallery di Londra, che Φ quella che rimase nella cappella della confraternita fino al 1781. La
qualitα della redazione di Parigi appare superiore allÆaltra, ma indagini radiografiche e archivistiche hanno accreditato lÆautenticitα anche della tavola di Londra: forse Leonardo avrα messo mano, in diversa misura, a entrambe. Seconda grande opera pitt
orica del periodo milanese Φ il \i Cenacolo\i0 nel refettorio di S. Maria delle Grazie, purtroppo giunto a noi in stato alterato dai molteplici e talora impropri interventi di consolidamento del colore, poichΘ era stato dipinto da Leonardo non a \i buon
fresco\i0 ma a tempera. Un restauro condotto a partire dal 1979 (durato 12 anni) ha cercato di liberare lÆopera dalle varie ridipinture e ha posto come condizione primaria per la sopravvivenza del dipinto la climatizzazione dellÆambiente. NellÆampia sa
la, alla cui architettura lÆaffresco si accorda con sottili accorgimenti e con un effetto illusionistico che va al di lα delle ricerche prospettiche fiorentine, gli apostoli sono disposti, secondo un ritmo ternario, in modo che il Redentore appare domina
nte al centro: i gruppi si agitano di indignazione e di dolore alle parole ôuno di voi mi tradirαö, in un moto che si origina dal Cristo e converge di nuovo su di lui, lasciando isolato Giuda. Ma in questo periodo lÆattivitα di Leonardo fu varia e moltep
lice: dalla decorazione del Castello Sforzesco di Milano (sala delle Asse, ampiamente restaurata, ma di cui nel 1950-55 Φ stato posto in luce un ampio tratto della sinopia e nella quale, comunque, si pu≥ ancora apprezzare la grande invenzione leonardesca
) ai ritratti di Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli; dalla \i Leda\i0 (nota attraverso repliche) al monumento a F. Sforza. Oltre a queste opere andate perdute, rimangono di questi anni il ritratto del Louvre, la \i Belle FerroniΦre\i0 , e la \i Dama
dellÆermellino\i0 del Czartoryski Muzeum di Cracovia. Nel 1500 Leonardo fu nuovamente a Firenze, dove gli fu commissionato da Pier Soderini il \i David\i0 , poi affidato a \b \cf4 \ATXht12361 Michelangelo\b0 \cf0 \ATXht0 , e compose un primo cartone (pe
rduto) per \i S. Anna, la Vergine e il Bambino\i0 (il cartone della National Gallery di Londra Φ del 1508). Pi∙ tardi (1503), ebbe incarico di dipingere, su una parete della sala del Maggior Consiglio, un episodio della \i Battaglia dÆAnghiari\i0 (sull
a parete opposta Michelangelo doveva affrescare la \i Battaglia di Cascina\i0 ). Anche qui Leonardo tent≥ di affrontare un problema tecnico, con lÆintento di restaurare lÆantico procedimento dellÆencausto, convinto che la tecnica tradizionale dellÆaffres
co non gli avrebbe concesso gli effetti di profonditα delle ombre, di sfumato e di luce che egli si proponeva. Ma il risultato fu disastroso e Leonardo abbandon≥ la pittura appena iniziata. I cartoni per questÆopera furono oggetto di studio degli artisti
, e andarono distrutti. Tra gli studi per la \i Battaglia dÆAnghiari\i0 , quello conservato nella Biblioteca Reale di Windsor ci mostra come Leonardo intendesse servirsi delle scatenate forze della natura per esprimere la battaglia. Forse Leonardo esegu∞
in quel tempo il ritratto che va sotto il nome di \i Gioconda\i0 (la scoperta di un documento del 1525 permette di stabilire che si tratta del ritratto di Monna Lisa del Giocondo, come scritto da G. Vasari). Al celebre vago sorriso (un moto psichico co
